Immersione
sul Miseno: un'avventura tra vento, corrente e meraviglia
Oggi
si torna a Ischia, pronti per un’immersione sul relitto del rimorchiatore Miseno.
Carichiamo il gommone al porticciolo di Miseno poco dopo le 8:30 e molliamo gli
ormeggi: rotta verso l’isola verde.
Il
mare è increspato, il vento non promette bene. Non siamo certi di riuscire a
raggiungere il relitto, ma appena fuori il vento si rivela più gentile del
previsto. Si va: direzione Miseno.
Il Miseno era
un rimorchiatore della Marina Militare Italiana, lungo circa 25 metri e largo
7. Il 27 novembre 1982, in navigazione dalla Maddalena verso Napoli, fu
sorpreso da un fortunale nei pressi di Ischia. Imbarcò acqua dalla dritta e
iniziò ad affondare. L’equipaggio fu tratto in salvo grazie all’intervento
tempestivo di altre imbarcazioni. Il relitto si adagiò su un fondale tra i 65 e
i 75 metri, con la prua rivolta a ovest, in posizione di navigazione. Il
fumaiolo si trova a -58 metri, mentre il resto è tra i -65 e -70.
Arrivati
sul punto di immersione, le condizioni peggiorano: vento forte e mare formato.
Io e Pellegrini ci tuffiamo, ma ci troviamo subito a fronteggiare una corrente
superficiale molto intensa.
Quella che doveva essere una tranquilla immersione di relax si trasforma in una
sfida tecnica. Siamo lontani dal pedagno mobile e dobbiamo spingere al massimo
i nostri scooter per almeno 10 minuti per raggiungerlo.
È
dura: onde, vento e corrente ci mettono alla prova. Filippo, vista la
situazione, si lancia in acqua già completamente equipaggiato. Con fatica, ma
determinati, raggiungiamo finalmente il pedagno di discesa. Si parte!
La
corrente è sostenuta nei primi metri, ma la visibilità è ottima. In meno di due
minuti siamo sul relitto: il pedagno è caduto a pochi centimetri dalla prua.
Il Miseno riposa
su un fondale di sabbia bianca e chiarissima. Non è grande, ma è affascinante.
Iniziamo l’esplorazione dalla prua, sbirciando nella cabina di comando.
Proseguendo lungo la murata di sinistra, entriamo in una seconda stanza dove ci
accolgono due grossi gronchi, veri guardiani del relitto.
Uno è particolarmente curioso: ci viene incontro senza alcun timore. Passo
diversi minuti a interagire con lui, mentre alle sue spalle danzano centinaia
di gamberi parapandali.
Il
relitto è in ottimo stato: cime di lavoro, grosse bitte, il fumaiolo, l’elica,
il timone e la scritta Miseno a poppa.
Do gas allo scooter, mi allontano di una decina di metri e inizio a girarci
intorno, catturando scorci mozzafiato.
Sulla fiancata sinistra c’è persino il mitico bagno, completo di WC, lavandino
e specchio: tutto perfettamente conservato, nonostante siano passati 43 anni
dall’affondamento.
Il
nostro tempo di fondo è terminato. Dopo un run time complessivo di 2 ore,
iniziamo la risalita.
Miseno, ci hai conquistati. Immersione sudata, ma ne è valsa assolutamente la
pena.
La
decompressione scorre veloce, ma non c’è da distrarsi: scooter a tutto gas per
contrastare la corrente.
Dopo 120 minuti, finalmente torniamo all’aria. Risaliamo in barca, ci spogliamo
e iniziamo a scambiarci impressioni. Immancabile birretta decompressiva, poi è
ora di pranzo.
Sulla
via del ritorno ci fermiamo al porticciolo di Baia per un cuoppo volante di
calamari e gamberi.
Cosa volere di più?
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