Un tuffo nella storia: la Bettolina Fluviale Armata di
Finale Ligure
Vi racconto com’è andata.
Sveglia all’alba a Monza, come sempre quando si va a
immergersi. L’obiettivo è evitare il traffico dei vacanzieri e arrivare con
calma. Anche se l’imbarco è previsto per le 10, alle 8:30 sono già al
porticciolo di Finale Ligure.
Il nostro vero obiettivo era l’idrovolante RS14, ma il vento
inizia a farsi sentire e Marco Colman responsabile del Cycnus diving mi avvisa: forse dobbiamo cambiare destinazione.
Il relitto dell’aereo si trova in una zona esposta, e con queste condizioni
rischiamo di complicarci la vita. Prendo atto, mi metto in spiaggia e aspetto
gli altri del team.
Siamo in sei: Altomare , Ciorda, Baricalla, Repetti, Ghia e Airoldi.
Alle 10 siamo pronti in banchina, carichiamo l’attrezzatura e salpiamo per
valutare le condizioni in mare. Il vento c’è, eccome se c’è. Quindi si cambia
rotta: si va sulla Bettolina Fluviale Armata, conosciuta anche
come la Barcaccia, a -85 metri.
Non ci sono mai stato su questo relitto, e la cosa mi
intriga. Immergersi in un sito nuovo ha sempre un fascino speciale.
Un po’ di storia: nel 1943, tra i porti francesi e quelli
liguri, transitavano chiatte fluviali armate e motozattere requisite dai
tedeschi in Francia e Belgio.
I tedeschi utilizzavano queste chiatte fluviali armate per
scortare convogli, bombardare la costa e posare mine. La nostra Bettolina è
stata affondata il 14 gennaio 1942 dal sommergibile britannico HMS Sahib
(P212), lo stesso che ha colpito anche il famoso mercantile Oued Tiflet.
L’immersione
Siamo in acqua: io, Ciorda, Baricalla e Repetti. Segnale di
OK e giù verso la Barcaccia. Scooter acceso, si parte. L’acqua è un po’
lattiginosa già in discesa, quindi accendo la strobo a 40 metri per sicurezza.
(La mia Gralmarine, super potente, oltre i 70 fa fatica a girarsi e
accendersi.)
Arriviamo sul fondo, a -85. Vediamo l’ancorotto del pedagno,
ma del relitto nemmeno l’ombra. Non il massimo. Ciorda piazza la sua strobo, io
scorgo una massa scura e seguo le castagnole: eccola, la poppa della Bettolina!
Il pedagno è distante almeno 10 metri, e con visibilità scarsa (circa 7 metri)
bisogna organizzarsi bene.
Arriviamo sul relitto.La mia strobo?perché
no? Scooter a manetta ritorno sul pedagno la piazzo e siamo pronti. La poppa è la prima zona che
esploriamo: il relitto è pulito, qualche rete ma niente lenze pericolose. Il
piccolo castello di poppa ha finestrelle rettangolari, le battagliole sono
ancora su entrambe le murate. Dietro il castello c’è l’ingresso della sala
macchine, sotto la poppa si vede il timone, mentre le eliche sono insabbiate.
Intanto arrivano anche Ghia e Airoldi, con i loro Revo.
Hanno seguito le nostre luci e tirato un reel dal pedagno. Ottimo lavoro.
Il relitto è spezzato in due tronconi, disposti a L, per una
lunghezza totale di circa 45 metri. Il troncone di prua è affascinante: grandi
stive con materiale vario, grosse bitte, un albero da carico e un paranco. La
prua ha una forma tondeggiante, quasi identica alla poppa – una caratteristica
tipica di queste bettoline.
Ormai ho preso i riferimenti: prua, poppa, pedagno, strobo.
Inizio a girare il relitto da solo, con lo scooter e torcia spenta per ridurre
i riflessi. L’acqua è ancora un po’ torbida, ma il relitto è ben conservato,
staccato poco dal fondo.
Dopo 25 minuti siamo a -83, abbiamo esplorato tutto. È ora
di risalire. Uno sguardo all’orizzonte… eccole, le strobo ci indicano la via.
Raggiungiamo la cima e iniziamo la lunga decompressione. Dopo 125 minuti,
finalmente in superficie. Ci scambiamo sguardi, sorrisi e racconti. Emozioni
pure.
Video by Repetti Marco